Capita a volte nella storia che un evento faccia da catalizzatore per un’accelerazione del cambiamento generale.
E’ accaduto nel 1989, col crollo del sistema comunista. Non è accaduto, tutto sommato, nel 2001, con l’attentato alle Twin Towers, che pur nella sua immensa tragicità, a ben vedere, non ha avuto il grande impatto sulla vita e sulla Storia che molti pensavano.
La crisi finanziaria del 2008-2009 ha certamente cambiato molto dello scenario economico sociale, accelerando l’esaurimento di un modo di intendere l’economia e la finanza dominato dall’onnipresenza del mercato e dall’assenza di controllo, anche se a volte si ha l’impressione che certi fenomeni siano destinati a ripetersi ciclicamente.
Chissà se la Pandemia dovuta al Covid 19 sarà o meno uno di quegli eventi per i quali si ragiona di un “Prima” e di un “Dopo”.
Vorrei qui elencare alcuni dei movimenti di fondo che, a mio modesto avviso, hanno trovato una forte accelerazione a causa delle ricadute del Virus, e che saranno ben difficili da “resettare”, una volta che, spero prestissimo, ci saremo messi alle spalle l’emergenza sanitaria.
Il Ritorno dello Stato nell’Economia. Era certamente una tendenza già in atto come risposta (semplice) alla rapida Globalizzazione dell’economia mondiale, che ha travolto tutti i settori dagli anni ’80-’90 in poi, lasciandone molti spiazzati a causa di una concorrenza impietosa, dell’abbattimento delle barriere protettive, della mancata innovazione, ecc..
Il recupero degli strumenti protezionistici dell’era Trump nei confronti della potenza cinese, come anche, nella più modesta dimensione italiana, i vari, e impacciati, interventi dello Stato su Alitalia, Ilva, MPS, ecc, vanno nella direzione di un interventismo volto a mitigare gli effetti più “sgradevoli” di un’economia globalizzata, o peggio, a riparare ad evidenti errori della gestione privatistica.
Il Covid ha accelerato molto questo processo, sia perché è a livello statale che l’epidemia è stata gestita finora, con la conseguente mobilitazione di risorse da “stato di guerra”, sia perché, e si pensi alle compagnie aeree, vasti settori produttivi si sono trovati in difficoltà improvvise e quasi “terminali”.
L’abbandono, ad esempio, del divieto di aiuti di Stato da parte dell’Unione Europea è un significativo cambio di paradigma “filosofico” da parte di Bruxelles, da cui non sarà affatto facile fare dietro-front.
Questo ritorno dello Stato avrà delle conseguenze di medio-lungo termine che sarà difficile ignorare. Una delle più significative è sicuramente l’aumento del Debito Pubblico, che sarà tanto più rilevante quanto lo Stato in questione era indebitato “Prima”, come nel caso italiano.
Il debito crea sempre dipendenza e perdita di sovranità.
De-Globalizzazione e concentrazione del potere economico. La forzata chiusura dei confini nazionali, insieme alle politiche di protezione economica da parte degli stati, porteranno ad un rimodellamento del commercio e dell’economia mondiale. Sopravviverà chi avrà accesso a nuove tecnologie, quindi chi avrà la possibiltà di investire in ricerca e sviluppo. Ciò servirà anche, tra l’altro, per ridisegnare la catena di approvvigionamento dei big players internazionali.
Apple, in aprile, in piena Pandemia, aveva soli 10 giorni di scorte disponibili (The Economist April 11th 2020).
Per colmare questi possibili gap di produzione, chi avrà la liquidità per farlo, svilupperà centri produttivi più vicini ai mercati di consumo e fronteggerà il maggior costo eventuale della manodopera facendo largo uso dell’automazione.
E’ ragionevole pensare che ci sarà una maggiore concentrazione del potere economico in poche mani e una riduzione della concorrenza. Le grandi aziende sapranno meglio approfittare della “vicinanza” degli Stati di quanto non potranno fare le piccole. La crisi favorirà l’assorbimento dei concorrenti più fragili da parte di chi ha economie di scala più efficienti.
Finora, poco di cui rallegrarsi. Ma chissà che da questa fase non si esca anche con qualcosa di positivo…
Solidarietà europea. La Pandemia ha creato un vero e proprio salto di paradigma nei rapporti tra gli stati della UE.
Ciò che era impensabile fino a pochi mesi fa, ovvero la creazione di fatto di un meccanismo di sostegno europeo alle economie dei vari Stati componenti, ha preso la forma del Recovery Plan e dei meccanismi di sostegno all’occupazione e alle spese sanitarie.
Se a questo si aggiungono le risorse messe a disposizione dalla Banca Centrale Europea per sostenere i titoli di debito degli Stati più colpiti, come l’Italia, si ha un quadro nel quale il legame che unisce, per ora solo economicamente, gli Stati dell’Unione si è molto stretto negli ultimi tempi e lo spazio per “stravaganze” populiste di Exit dall’EU si è probabilmente chiuso del tutto.
Accelerazione delle energie rinnovabili. La domanda di petrolio è precipitata durante il Covid e stenta a recuperare i livelli precedenti. Il prezzo del greggio ristagna intorno ai 40$, il che mette in grande difficoltà i produttori storici, che sono costretti a sostenere le quotazioni annunciando continui tagli alla produzione. Si prospetta forse un declino (definitivo?) di una logica di potere economico e politico basata sulla produzione di energia fossile.
Proprio Next Generation Eu, il Recovery plan dell’UE, prevede un ampio sostegno ( 30% dell’intero piano da 750 miliardi di Euro) per il passaggio a fonti di energia pulite. Anche gli stimoli previsti dal piano verso un’economia digitale vanno certamente nella direzione del risparmio energetico.
Se questo piano e altri che sono in cantiere (Il candidato alla presidenza USA Joe Biden ha proposto un piano da 2 miliardi di $ per la de-carbonizzazione- la Cina prevede di raggiungere la Carbon Neutrality nel 2060) verranno messi in atto con forza si potrebbe arrivare dall’85% di produzione di energia da fonti fossili, al 50% nel 2050, cambiando in modo stabile la vita, la sicurezza e la salute di miliardi di persone nel mondo intero. (The Economist September 19 2020).
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