Parlare di finanza e di investimenti e non parlare del RISCHIO è, come dicono gli anglosassoni, evitare di parlare dell'”elefante nella stanza”.
E allora parliamone, del pachiderma!
Nel mondo degli investimenti la parola RISCHIO ha almeno 2 accezioni principali e molte secondarie.
Innanzi tutto si parla del RISCHIO EMITTENTE: ovvero del rischio che chi emette un titolo, ad esempio un’obbligazione a fronte di un prestito ricevuto, non sia più in grado di ripagare il suo debito.
Ciò può avvenire per i più svariati motivi, quasi tutti riconducibili ad una cattiva gestione e ad un eccessivo ricorso al debito per condurre gli affari della società o dello stato in questione.
Esempi classici dell’avverarsi di questo rischio sono il Crac Parmalat, le vicende di MPS e Banca Etruria, e a livello di stati sovrani, le crisi dell’Argentina del 2001 e della Grecia nel 2011.
Di altro tipo è quello che possiamo definire RISCHIO DI MERCATO, ovvero il rischio che mi assumo comprando un’azione, un’obbligazione o un altro titolo il cui prezzo ha delle oscillazioni, dovute all’opinione che il mercato ha di quell’azienda o Stato in particolare, oppure a fattori globali dell’economia.
E’ questo il caso, ad esempio, di molti titoli azionari del settore bancario in Italia e più in generale in Europa.
Ad un certo punto è diventato evidente che il settore bancario avrebbe avuto difficoltà a produrre utili, quindi gli operatori di mercato hanno cominciato a disfarsi pesantemente dei titoli bancari. Le azioni di Intesa San Paolo sono arrivate a valere 6 Euro nel 2007 ed ora quotano poco più di 1,5. Per non parlare delle ben più rovinose cadute dei titoli Unicredit o Banco BPM. Sorte non molto più allegra hanno avuto banche europee come Bnp Paribas o Deutsche Bank, sia chiaro!
Nella storia spesso si sono create situazioni di panico generalizzato, improvvise quanto devastanti.
Nel 1929 una grave discesa della Borsa americana ha scatenato una crisi mondiale di enormi proporzioni.
Nell’ottobre 1987 la borsa americana perse oltre il 22% in una sola seduta, record (ancora) imbattuto.
Nel 2008-2009 c’è stata una drastica discesa dei prezzi delle azioni mondiali a causa del diffondersi di un panico generalizzato.
Stessa cosa è avvenuta nei mesi di marzo- aprile del 2020 a causa dei timori per la pandemia.
In ogni caso è bene stabilire un principio:
Ogni attività finanziaria è portatrice di rischi. Non esiste un’attività finanziaria priva di rischio!
Si può discutere se il rischio di fallimento ad es. dello Stato tedesco sia più attuale o remoto ad es. del fallimento dello Stato italiano, o di una banca o un’azienda qualsiasi. Ricordo peraltro che lo stato tedesco nello scorso secolo ha subito 2 sostanziali fallimenti, dopo la prima e dopo la seconda guerra mondiale. In entrambi i casi è passato da solida potenza globale a Stato in fallimento in pochissimi tragici anni.
Quindi NESSUNO può dirsi certo che un’attività finanziaria sia del tutto PRIVA di rischio.
Vorrei far notare peraltro, e la storia recente ce lo insegna, che ogni attività UMANA, finanziaria o meno che sia, è gravida di rischi.
E di solito i problemi arrivano in modo inaspettato e da direzioni sorprendenti. La storia della Pandemia da Covid 19 ne è un’esempio fulgido!
Quindi? Che si fa?
Detto della sostanziale ineludibilità dei rischi, l’ingegno umano, almeno per quanto concerne i rischi finanziari, ha escogitato una serie di rimedi, che, pur non potendo eliminare il rischio, puntano a minimizzarne gli effetti.
Questi rimedi sono essenzialmente 2:
L’ASSICURAZIONE: ricadono sotto questa specie, oltre alle assicurazioni vere e proprie, anche i Derivati, come futures e opzioni, nati proprio per “coprire” i rischi di eccessive oscillazioni dei prezzi delle materie prime agricole. Oggi il mercato dei derivati si è esteso ben oltre questa specifica funzione ed è diventato una gigantesca macchina oltre che di assicurazione, di speculazione e di scommessa “a leva” su praticamente tutto ciò su cui si può scommettere.
La DIVERSIFICAZIONE, di cui parleremo più approfonditamente in futuro, anche perché è uno dei 4 pilastri dell’investimento consapevole, che consiste essenzialmente nell’evitare di concentrare su un singolo “cavallo” la propria scommessa. Insomma è il vecchio, ma pur sempre valido “non mettere tutte le uova nello stesso paniere”. Naturalmente esistono dei criteri specifici di diversificazione: per durata dei titoli, per emittente, per paese, per settore economico, per momenti di ingresso sul mercato, ecc.
Inoltre esistono dei criteri, come la Decorrelazione, per stabilire quanto in effetti, se compro 2 titoli diversi, riesco a ottenere un effetto di diversificazione.
Ne parleremo nelle prossime puntate!
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