Si moltiplicano le ricerche che testimoniano di un rapporto difficile degli italiani con i temi del risparmio e dell’assicurazione.
Qualche giorno fa è uscita un’indagine sul comportamento assicurativo degli italiani, commissionata dall’Ivass (l’organismo di vigilanza sulle assicurazioni) a Università Bocconi e Doxa.
Dall’indagine emerge come il voto complessivo dato al rapporto tra gli italiani e il mondo assicurativo non raggiunga la sufficienza (5,4 su 10).
Ma questo sorprende relativamente.
Il rapporto è molto ricco e pieno di stimoli di riflessione. Ne scelgo alcuni, ripromettendomi magari di tornare su questi argomenti in futuro.
Cominciamo con uno spunto sul rapporto degli intervistati con il rischio, inteso come rischio assicurativo naturalmente:
“...i dati mostrano come vi sia una grande percentuale del campione che non sa distinguere rischio da incertezza.” (pag. 17)
Il Rischio è un’entità misurabile, ovvero quando è possibile calcolare la probabilità che un evento accada o meno. Da questo discende la possibilità di dare un “prezzo” a questo rischio e quindi di “coprirlo” con un’assicurazione.
L’Incertezza è quella condizione nella quale non si sa cosa accadrà, ma non si può attribuire una specifica probabilità statistica ad ogni evento possibile, quindi non è assicurabile o assicurabile solo per gli eventi possibili ai quali è attribuibile una probabilità statistica.
Confondere Rischio e Incertezza, come fa il 35,4% del campione, significa pensare che si possa attribuire un rischio “calcolato” ad eventi incerti, quindi sottovalutare l’importanza di tutelarsi (pag.18).
Inoltre a questo si collega la scarsa conoscenza dei principi basilari dell’assicurazione, che appunto, si basa sulla possibilità di monetizzare un rischio e trasferirlo all’assicuratore in cambio di un premio.
D’altra parte l’indice generale di conoscenza delle assicurazioni non supera il voto di 3,4 su 10. (pag. 12)
Un altro fenomeno che emerge nell’ Indagine è quello della cosiddetta “Overconfidence”, ovvero la convinzione da parte di molti di dominare in modo sufficiente un argomento che invece ignorano.
“L’ “overconfidence” nella conoscenza di base ed in quella delle polizze è da valutare anche
nei confronti del “bias dell’autonomia”. Il 68,7% delle persone, soprattutto di sesso maschile
(72,3%), si ritiene molto competente in materia assicurativa e non si affida né ai consigli dell’assicuratore né a fonti informative esterne” (pag. 15)
Ma l’aspetto più preoccupante è questo:
“Questo dato è preoccupante in ragione della “overconfidence” che stimola un’autonomia di scelta a basso tasso di alfabetizzazione e quindi tendenzialmente poco efficace ed efficiente per l’assicurato. “(pag. 15)
Ovvero molte persone fanno scelte assicurative convinte di essere esperte, mentre esperte non sono, fidandosi solo delle proprie presunte competenze.
Anche questo fenomeno non è riscontrato per la prima volta, infatti è spesso segnalato nell’annuale Rapporto Consob su risparmio.
C’è spazio quindi per un’offerta da parte degli assicuratori di una seria e documentata CONSULENZA ASSICURATIVA-PATRIMONIALE, capace di far emergere i reali bisogni del cliente, le aree di eventuale “scopertura” e solo successivamente guidare la scelta di prodotti giusti e calibrati.
Infatti, preso atto che “…Il set informativo dei prodotti assicurativi è considerato abbastanza comprensibile solo dal 34% degli intervistati, e, aggregando le valutazioni negative (per niente, poco e così così), si rileva che più del 50% manifesta insoddisfazione rispetto alla comprensibilità.” (pag.20) , si comprende come l’orientamento nell’acquisto di polizze sia in buona misura condotto dall’intermediario/assicuratore: “Una grande maggioranza del campione si dichiara anche propensa ad affidarsi alle proposte del proprio referente/intermediario
assicurativo, propensione che appare più disposizionale o, presumibilmente, dovuta alla
specifica abilità sociale e professionalità del proprio intermediario, in quanto non risulta
influenzata (come lo sono la maggior parte dei fenomeni rilevati) dall’età, dalla provenienza,
dal genere sessuale di appartenenza, dalla scolarità e nemmeno dalla occupazione degli
intervistati. Si rileva solamente una correlazione tra l’aumento della fiducia verso il proprio
referente/intermediario assicurativo e l’aumento della propensione a sottoscrivere polizze.” (pag. 24)
In sostanza, una consistente parte degli intervistati comprende relativamente poco di quello che firma, però, fidandosi dell’assicuratore, sottoscrive spesso i prodotti che gli vengono proposti.
Questo elemento carica gli intermediari assicurativi, ovvero tutti coloro che vendono polizze, di una enorme responsabilità sociale.
Purtroppo l’indagine dice poco sul processo che conduce alla firma di un contratto assicurativo.
Sarebbe interessante infatti sapere in che misura il processo è preceduto da una approfondita rilevazione da parte del distributore dei bisogni assicurativi (e non) del cliente, del suo assetto familiare, dei suoi Progetti di Vita.
L’esperienza quotidiana purtroppo mi dice che la distribuzione di prodotti è molto spesso guidata da logiche commerciali del distributore, più che dai bisogni emersi dal confronto col cliente.
Ma potrei sbagliarmi!
Questo mio sospetto spiegherebbe, forse, in parte, il rapporto difficile col settore assicurativo da parte degli italiani rilevato nell’indagine, ma potrebbe anche fornire un indizio su come migliorare e rendere socialmente più proficuo questo rapporto.
Ma potrei sbagliarmi, di nuovo!
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