Titolo impegnativo, eh!?
Partiamo da una domanda semplice: A cosa servono i soldi?
La moneta di per sé è uno straordinario strumento inventato dall’uomo per trasportare la possibilità di soddisfare bisogni nello spazio e nel tempo. Con i soldi mi posso comprare un panino a Macerata, oppure, se li conservo, posso essere ragionevolmente certo di comprare un altro panino tra una settimana.
Insomma il denaro SERVE per soddisfare dei bisogni, quindi per procurare benessere, personale e familiare.
Ma il benessere, si noti, è un concetto ben diverso dalla FELICITA’. Ne parleremo tra poco.
Per cui ha senso pensare di usare il denaro per avvicinarsi ad una condizione di Felicità?
La Felicità. Che argomento affascinante e misterioso!
Alle nostre latitudini non se ne parla quasi per niente. Tra i pochi che ho sentito esaminare un po’ più a fondo questo concetto evanescente, il noto Prof. Umberto Galimberti e, in chiave più concreta, lo straordinario Sergio Sorgi, ad esempio in questo video.
Alla luce dell’antico adagio che ammonisce che il denaro non dà la felicità, alle nostre orecchie sembra quasi sacrilego pensare a queste cose.
In effetti, nella cultura cattolica nella quale siamo ancora immersi, è perfino spudorato parlare di ricerca della felicità terrena.
La vita terrena è una “valle di lacrime” nella quale siamo chiamati a fare un percorso di espiazione del “peccato originale”, in attesa dell'”altra” vita, quella ultraterrena, nella quale il nostro spirito sarà inondato, soffocato, dalla Felicità.
Negli Stati Uniti, dove sono più pragmatici, da anni neurologi, psicologi ed economisti cercano di individuare quali sono gli elementi personali e sociali che possono permettere ad un individuo di sentirsi FELICE.
Colà, nel “Nuovo Mondo”, stuoli di ricercatori molto seri, e perfino alcuni consulenti finanziari, si sono dedicati alla ricerca del giusto rapporto tra felicità e ricchezza materiale, tanto che alcune ricerche hanno anche individuato delle soglie di reddito minime, combinate con altri fattori, oltre le quali la Felicità sarebbe più facile da raggiungere.
Oltre ad un reddito soddisfacente, ovviamente, entrano in gioco fattori genetici, neuro-biologici (banalmente, lo stato di salute), sociali (la rete di conoscenze, l’impegno in attività sociali e politiche) e psicologici (stress, ansia, ecc.). Non mi soffermo sulle varie “ricette per la felicità” (qui ce ne sono 8 per i consumatori seriali), cito solo tra le più recenti quella nota con l’acronimo PERMA proposta dal Prof. Martin Seligman.
Ma torniamo ai soldi.
Quanti soldi servono per essere felici? La risposta più naturale per quasi tutti noi (escluso forse qualche monaco tibetano) è: PIU’ DI QUELLI CHE HO ORA!
Il desiderio di un maggior quantitativo di denaro è connaturato nell’uomo sociale e molte ricerche hanno dimostrato che lo stimolo a guadagnare di più attiva le stesse aree del cervello che stimolano il desiderio di droghe. Il denaro dà DIPENDENZA!
Quindi è facile perdere la lucidità, parlando di questi argomenti.
A questo punto quindi la domanda è: QUANDO E’ ABBASTANZA? E’ POSSIBILE DIRE: “OK. SONO A POSTO”?
Quando possiamo smettere di trascurare gli affetti, fare tardi al lavoro, fare straordinari nel fine settimana, provare a fare le scarpe ai colleghi, sopportare superiori irritanti, ecc.?
L’unica risposta possibile è : SUBITO!
Ciò che ci spinge ad accumulare denaro è infatti, come abbiamo visto, una generica ricerca del benessere, di agio economico, di status sociale. Confondere il benessere, che è una condizione sociale e condivisa con la felicità, che è una condizione peculiare e intima, spesso ingenera terribili equivoci.
Paradossalmente, spesso per ottenere il mezzo (denaro-benessere) mettiamo in pericolo il fine (felicità).
Né possono lo Stato o l’INPS aiutarci ad essere felici. Al limite, ma raramente, possono contribuire alla nostra condizione di benessere.
Il primo (e forse unico) motore della nostra capacità di essere felici siamo NOI STESSI!
Quindi? Che fare?
Butto lì qualche idea, senza pretesa di essere risolutivo.
Si noti che tutti questi punti hanno premesse e conseguenze economiche.
- Darsi delle priorità. Poche, 4 o 5. Quelle veramente importanti. Il resto è secondario.
- Crearsi e coltivare una propria “rete sociale” fatta di persone care, con le quali condividere le esperienze della vita, cui dare e da cui ricevere aiuto.
- Avere dei progetti, per sé e da condividere con altri.
- Perseguire soluzioni lavorative il più possibile ibride (smart working)
- Darsi degli obiettivi, anche nei compiti più ripetitivi.
- Ultimo, ma non meno importante, fare un budget e, se possibile, RISPARMIARE qualcosa.
Come si vede, sono semplici norme di buon senso. E chi l’ha detto che la felicità è una roba complicata?
Piccola bibliografia:
M. Housel: La psicologia dei soldi. Lezioni senza tempo sulla ricchezza, l’avidità e la felicità. Hoepli 2021
R. Rajan: Il terzo pilastro- La comunità dimenticata da Stato e mercati. Bocconi ed. Mi 2019
J. Haidt: Felicità: un’ipotesi: verità moderne e saggezza antica. Codice ed. 2020
Sulla misura del benessere:
J. Stiglitz, J. Fitoussi, M Durand: Misurare ciò che conta. Einaudi 2021
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